quinta-feira, 22 de outubro de 2009

Voto ao 'estranho'

É muito provável que dentro de pouco tempo tenhamos alguma proposta do tipo a entrar no Parlamento....o que parece um detalhe acaba por ser a base da nossa existência como tal.

Quando se premite que o 'estranho' passe a ser o que se considera 'normal' , e este por sua vez, pode construir o espaço que lhe é estranho, de igual modo que os 'naturais', mas à sua imagem....aos poucos suicidamos-nos e somos nós próprios os estranhos dentro do nosso próprio espaço.

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VOTO AGLI IMMIGRATI: UNA PATACCA SPACCIATA PER BATTAGLIA DI CIVILTA’
Ciclicamente torna di attualità nell’agenda politica italiana la discussione sulla concessione del voto ai cittadini stranieri. Da qualche giorno è stata depositata alla Camera dei deputati una proposta di legge, sottoscritta anche da alcuni esponenti del Pdl (una minoranza per fortuna), con la quale si vorrebbe concedere il diritto di voto per le elezioni amministrative ai cittadini extracomunitari regolarmente residenti in Italia da almeno cinque anni.

Una proposta che può sembrare di buon senso e pure giusta ma che in realtà è figlia di una cultura politica che non ha mai abbandonato il desiderio di realizzare un disegno multiculturale – inteso come la perdita delle identità e specificità nazionali - per certi versi già consegnato alla storia perché stride con la realtà che ci circonda e la stessa storia del genere umano. Di tanto in tanto non guasterebbe guardare a cosa accade in giro per l’Europa per accorgersi del fallimento del melting pot e di come di questo filone di pensiero, più filosofico che politico, non sia la soluzione ma l’origine di altri problemi.

Tuttavia, è inevitabile che il mondo politico discuta sugli effetti che sta producendo alla nazione una presenza sempre più considerevole di cittadini stranieri provenienti dai più svariati posti del pianeta.

E’ giusto discutere di integrazione, di regole e di valori, di diritti e di tutto ciò che in qualche modo possa costituire un modello socio-politico di convivenza tra gli autoctoni e gli stranieri; come è altresì pacifico ridiscutere di eventuali nuove norme più attinenti al tempo in cui viviamo per quanto riguarda l’acquisizione della cittadinanza italiana. Ebbene, ciò premesso, non si può comunque omettere la realtà dei fatti:
sfido chiunque a dimostrare che gli stranieri in regola, con una famiglia e un lavoro, non possiedano diritti. Basterebbe entrare in una sede di qualche sindacato italiano per vedere con i propri occhi di come e quanto oggi gli immigrati siano sindacalizzati quasi più di noi italiani; basterebbe lavorarci assieme per capire di come e quanto bene conoscono le normative per l’ottenimento di bonus o di sussidi sociali; basterebbe sfogliare le graduatorie comunali per le richieste degli alloggi di edilizia residenziale pubblica per avere anche qui sott’occhio la prova provata che questi stranieri tutto sommato non sono poi trattati così male come qualcuno vorrebbe farci credere.
I fatti parlano chiaro, altro che diritti negati agli stranieri, caso mai esiste un problema contrario:
vale a dire i diritti negati agli italiani, ai nativi italiani, che si vedono portare via da sotto il naso ciò che spetterebbe prima di tutto a loro.
So benissimo che a pensarla in questa maniera si viene accusati di populismo (non vedo poi cosa ci sia di male ad esserlo), poi però se penso che chi ti liquida in questo modo solitamente lo fa dall’alto del suo scranno col culo al caldo e un lauto stipendio, sono ancora più convinto assertore di queste posizioni populiste.

Insomma, diciamoci la verità. Siamo di fronte all’ennesima proposta di legge spacciata come una battaglia di civiltà quando invece è una patacca neanche tanto originale, buona forse per le discussioni edulcoranti di certi salotti o tutt’al più per rilanciare certi loschi disegni geometrici di palazzo sospinti da taluni poteri forti che si ostinano a osteggiare un governo eletto democraticamente. Di certo, invece, se la patacca dovesse malauguratamente diventare legge, diverrebbe una mina per scardinare l’ultimo diritto di noi italiani: quello di decidere solo noi, almeno formalmente, sulle questioni che ci riguardano. E scusate se è poco…''

Alex Cioni- Popolo della Libertà -
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