Entrevista a Franco G. Freda
(“Corriere del Veneto”, 12-12-2009)
Cos'è per lei Piazza Fontana?
«Il mio predicato criminale. Farò una richiesta alle autorità per aggiungerlo al mio nom de plume, Luciano Lìcandro. Voilà: Luciano Lìcandro di Piazza Fontana. Le piace? Suona bene?».
Sempre innocente?
«A questa domanda hanno già risposto, autorevolmente, le corti di Catanzaro e Bari. Non si abbia l'insolenza di fingere che questa risposta che dichiara la mia non responsabilità criminale non sia stata data».
Riconosce qualche altra accusa?
«Sì, l'attentato che da oltre cinquant'anni muovo alla visione del mondo della democrazia».
«Se Freda dicesse la verità», dice il giudice Stiz che per primo ha indagato su di lei. «L'unica verità è che sono stati loro: Freda e Ventura». Lo raccontano le sentenze. Cos'è per Freda un giudice, una sentenza? Cos'è la giustizia terrena?
«Un giudice è un attaché dell'ordine giudiziario che si sente ministro sacerdotale della giustizia. Se la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi, la politica giudiziaria, con le sue sentenze, è anch'essa prosecuzione della guerra, giocata attraverso la posologia delle sanzioni. Una sentenza è una battaglia. Ma la guerra continua. Non può esaurirsi, impastata com’è di essa la vita.Giustizia è subordinazione dei peggiori ai pochissimi migliori: della massa dei peggiori ai pochissimi migliori. E' regime castale. E' sottomissione ai 'belli-e-buoni'. Non è certo intrisa, la giustizia, di ipocrita bava sentimentale».
Una strage di Stato. Servizi, coperture, depistaggi, strategia della tensione. Cosa ne pensa?
«Penso che riesca a darsi da solo la risposta circa l'imbecillità di questo assemblaggio di elementi, che può giustificarsi solo nel disordine di una rissa politica, cui non è di mio gusto partecipare. Chi ha formulato simili ipotesi parla di verità, ma in realtà non la persegue, voglioso di coltivare solo il proprio 'particulare' interesse. La sua è strategia di astensione dalla verità».
Se qualcuno ha voluto la strategia della tensione per creare un nuovo ordine di idee, un cameratismo antisovietico, ha fallito. Non crede?
«In qualsiasi comportamento umano c'è tensione. Forse oggi non più, tant'è vero che si ricorre a sostanze psicotrope per eccitarla, oppure ai transessuali. Oggi la tattica è quella dell'entropia, della catatonia, dell'abbassamento, dell'estenuazione. Io fin dall'adolescenza mi sono riconosciuto in un sentimento e in una idea del mondo radicalmente ostili alla democrazia, ovvero all'egualitarismo, ossia al cristianesimo, dunque alla modernità nel suo complesso, alla decadenza che la connota. Vivendo questa ostilità, ho colto in quei regimi castrensi del secolo scorso, meglio noti come fascismi, delle forze di reazione, delle insurrezioni contro la decadenza, germinate, tuttavia, dal suolo della modernità. Per impiegare una metafora: nell’autunno della decadenza, i fascismi hanno avuto il significato di una ‘estate di san martino’, che, alla fine, è un preludio alla caduta».
Che sistema ne è uscito secondo lei?
« Ma è possibile che lei non avverta quanto la sua domanda sia anacronistica oggi, di fronte al nuovo paesaggio che si disegna, di guerre razziali, di conflitti etnici? Continua a parlare di assetti sociali, di antagonismi ideologici, di istanze distributive di ricchezza, mentre osserviamo le convulsioni, l’agonia in cui si dibatte la nostra razza?
Chi è Franco Freda?
«E’ un uomo che ha agito come ha il dovere di comportarsi un soldato politico, un miliziano, quando combatte dietro le linee nemiche. In questo caso, quelle della democrazia. La sua linea di condotta rimane quella cantata da Bertold Brecht, ebreo comunista di rango. Nella mia parafrasi: 'Chi combatte per il sentimento e l'idea del mondo in cui si riconosce deve continuare la battaglia e interrompere la battaglia; dichiarare la verità e celare la verità; protendersi e ritirarsi; irrigidirsi e piegarsi da giunco fino a che la corrente non sia passata. Chi combatte per il senso e l'idea del mondo in cui si riconosce ha tra tutte una sola divisa: nulla tralasciare per compierli e realizzarli'. La mia vocazione è quella dell'uomo che abbia dignità e rispetto di sé».
Ordine Nuovo: un movimento, un'idea, un'illusione o cosa?
«Niente. Ma non il niente del nichilismo. Proprio niente, aria fritta».
Carlo Maria Maggi (il dottore veneziano di Ordine Nuovo) dice: non c'erano contatti con i padovani, ci si detestava. E' vero?
«L'aria fritta si può detestarla?».
Maggi dice anche che secondo lui la pista più probabile è Valpreda. Come la vede?
«Mi scusi, ma l'espressione aria fritta non esaurisce il tutto del niente?».
Secondo l'agente Spiazzi invece, sarebbero stati gli americani. Tutti dicono la loro. Le viene da ridere?
«Ci sarebbe da piangere quando i latrati e i guaiti della canaille raggiungono la luna».
Cos'è una strage di gente comune?
«Si rivolge a me? Perché non ai dirigenti del Pentagono, che hanno pianificato le stragi, l'altro ieri in Serbia, ieri in Iraq, oggi in Afghanistan? Per non ricordare Hiroshima, Nagasaki, Dresda, la Palestina… Perché loro non sono testimoni di Evola, ma di Yahvè?…»
Piazza Fontana le ha cambiato la vita?
«Non confonda il fatto con la sua proiezione giudiziaria, processuale. Quest'ultima mi ha imposto quattordici anni di clausura, che per me ha significato una guerra di posizione, un radicamento nella mia linea di fronte».
Sopporti l’ultima domanda borghese: chi è stato?
«E lei sopporti questa massima di Shakespeare: 'I segreti si affidano al cuore, non alla lingua'. E se per assurdo io avessi un segreto, lo affiderei alla sua gazzetta cursoria?».
Andrea Pasqualetto